Incipit

Il giorno di Natale rappresenta un’occasione speciale per la maggior parte delle persone, tuttavia per chi è solo, o almeno crede di esserlo, diventa un momento in cui i propri malesseri si fanno più acuti e vengono percepiti con un peso maggiore. Riccardo Martini era un pensionato, vedovo da una decina di anni, con un solo nipote appena entrato nell'adolescenza, che vedeva regolarmente, ma con sempre meno frequenza, esattamente come sua figlia, Cristina.

Questa festività, dicevamo, per lui consisteva, da qualche anno, nel trascorrere il pranzo del 25 o la cena della vigilia a casa di quest’ultima, ma ormai non c’era più bisogno dei travestimenti da Babbo Natale, non c’era più l’attesa dei doni sotto l’albero: il “nipotino” viaggiava con in mano diavolerie informatiche ormai da qualche stagione. Nella mente e nel cuore di Riccardo, però, il vero spirito natalizio sopravviveva, per lo più nei ricordi relativi ai primi anni di matrimonio, quando il Natale con la bimba piccola era una festa dettata da una ricetta, tanto facile quanto magica, composta da ingredienti che allora sembravano scontati: lui, la piccina, sua moglie, pochi regali semplici e tanto amore.

Intendiamoci, Martini non si lamentava affatto, non era uno di quei pensionati abbandonati a se stessi, che non vedevano mai la famiglia, anzi. Fino alla prima media aveva seguito da vicino tutti i successi e le vicissitudini scolastiche del nipote, ci mancava solo che dovesse andare lui ai colloqui con gli insegnanti; poi, per magia, il ragazzo (“non chiamarlo più bambino, papà!”) cominciò ad andare a scuola da solo, ad avere le chiavi di casa in tasca e il nonno non servì più!

Era chiaro che non vi fosse malafede in questo cambiamento da parte della figlia, tuttavia, in men che non si dica, Riccardo Martini da nonno full time si trasformò in pensionato a tempo pieno.

Tutto questo c’entra con quello che sta per essere raccontato, poiché questo periodo di inattività forzata aveva decisamente pesato sulle consuetudini di Riccardo che cominciò a temere di cadere in qualche tipo di malattia psicologica, di depressione. Non aveva granché da fare, figlio unico aveva generato una figlia unica che a sua volta non si era riprodotta che una singola volta: terminato il suo compito di nonno-sitter, come scherzosamente sua figlia lo chiamava, viveva, oltre a quella del pensionato, una nuova condizione di disagio, quella del disoccupato.

Niente da lamentarsi rispetto a quello che la società aveva creato intorno a lui: precari, esodati, esonerati e chi più ne ha più ne metta, moderne categorie di appestati ostracizzati dal mondo del lavoro, ma, per lui, non avere un obiettivo dalla mattina alla sera non era affatto una piacevole sensazione. Aveva ancora qualche amico ma, da una parte, li aveva un po’ persi di vista per dedicarsi al nipote, dall’altra lo avevano un po’ stufato: giocare a bocce o a briscola e parlare esclusivamente di calcio e politica per tutto il giorno era il loro unico orizzonte possibile, prospettiva che lo avrebbe annoiato considerevolmente.

Torna ai brani