Riccardo e la tecnologia

La prima cosa che chiunque avrebbe fatto sarebbe stata quella di digitare il numero sulla tastiera del telefono e così fece il nostro protagonista, peccato che dopo le prime due cifre il segnale divenne quel “tu tu tu...” insistente, simile all’occupato, ma più antipatico, che in genere si sente quando qualcuno, come si suol dire, “stacca la chiamata” effettuata verso un cellulare.

Su questo effetto imprevisto del progresso tecnologico che consente di sapere chi ci sta chiamando e di non rispondere, Martini avrebbe avuto molto da dire. Innanzitutto era maleducato il gesto di per sé, chiudere la chiamata ancora prima di riceverla, rendersi indisponibili sapendo che il chiamante avrebbe avuto coscienza di non essere gradito, a Riccardo dava fastidio, lui non l’avrebbe mai fatto; lo trovava proprio un atteggiamento scortese. In secondo luogo, conoscere già prima chi ti vuole parlare toglieva la sorpresa, il gusto di pronunciare la domanda “pronto?” senza sapere chi ci sarebbe stato dall’altra parte del filo... A parte che ormai i fili non c’erano quasi più. Va be’...

Comunque il numero risultava inesistente. “Certo, forse manca il prefisso” pensò Riccardo. Persino lui sapeva che i numeri dei telefoni fissi ormai avevano tu i un identificativo composto da tre cifre di cui la prima era uno zero, altro effetto collaterale del progresso telefonico: usare il prefisso per chiamare un telefono della stessa città. Quindi provò con quello cittadino, ma niente, o meglio questa volta rispose un tizio piuttosto adirato per essere stato svegliato, più o meno, alle otto e mezza della mattina di Natale e in più allergico ai cani, ma non agli insulti telefonici.

Tentò ancora con i prefissi dei distretti telefonici limitrofi al suo, almeno quelli che ricordava, ma i numeri risultavano inesistenti o chi rispondeva, oltre a dimostrare un certo malumore, non possedeva cani o li possedeva già e in ogni caso non si trattava in alcun modo del proprietario di Fido.

Dopo aver tentato tutte le strade percorribili, Martini si rese conto di non poter fare altro che aspettare il 27 dicembre per recarsi al canile, alla sua riapertura, e vedere di capire se il microchip, ecco come si chiamava l’apparecchiatura, fosse presente anche nel corpo del suo nuovo quasi-amico. Il quasi era d’obbligo perché l’anziano non voleva entrare troppo in confidenza con il cane, non aveva l’intenzione di affezionarsi troppo. Volontà che diventava sempre più difficile da rispettare, visto che l’animale continuava a fargli le feste, girandogli intorno allegro e beato.

Intanto si rese conto che sarebbero trascorse almeno quarantotto ore prima di poter restituire la bestiola a qualcuno e che doveva risolvere alcuni problemi pratici: Martini non aveva mai posseduto un cane e quindi non sapeva, se non per sentito dire o per averlo osservato, peraltro con poca attenzione, quali fossero le abitudini di un rapporto cane-padrone. Tanto per fare degli esempi, non aveva le cosiddette “palette ecologiche” per raccogliere gli escrementi, non sapeva bene che cosa dargli da mangiare e il guinzaglio era rotto.

A quel punto gli venne in mente di fare una cosa che non aveva mai tentato prima da solo: avventurarsi in internet. In casa sua, fin da quando suo nipote aveva iniziato la terza elementare, c’era un computer. Il bambino (“non chiamarlo così, papà!”) lo aveva usato sempre con meno frequenza fino ad abbandonarlo del tutto, tradendolo per un telefonino di ultima generazione, ma aveva anche cercato di insegnargli, con scarsissimi risultati peraltro, come utilizzarlo. In effetti, Martini pagava nel conto della bolletta telefonica una cifra che gli garantiva la connessione dati, che tra l’altro stava pensando da qualche mese di disdire, vista la scarsità delle visite del rampollo, ma fortunatamente non lo aveva ancora fatto.

Tant’è, gli appunti erano la chiave di tutto. Quando il ragazzino (“va bene chiamarlo così?”) gli insegnò, o almeno tentò di farlo, come usare la posta elettronica e la rete, non comprese quasi nulla, ma scrisse un mucchio di note, anche per mostrarsi interessato e attento nei confronti del nipote. E da qualche parte doveva ancora avere quel mucchietto di fogli.

«Ecco, li ho trovati» disse tra sé, come sempre più spesso faceva in quel periodo. Un vecchio blocco dalle pagine pressoché ingiallite, gli permise di recuperare alcune informazioni utili almeno per accendere il pc e attivare la connessione a internet, questo misterioso collegamento con un mondo invisibile, ma ricco di informazioni, almeno così dicevano.

L’unica cosa che aveva capito con sufficiente chiarezza era che, aprendo l’applicazione contrassegnata da una lettera E minuscola e colorata di blu, si sarebbe aperta una pagina con scritto Google a cui si potevano fare delle domande.

Riccardo fece così e scrisse “cliniche veterinarie aperte a Natale” e trovò subito una marea di risultati. A quel punto aggiunse, non senza qualche difficoltà, il nome della sua città alla richiesta precedente e il numero delle risposte di Google diminuì notevolmente. Non osò cliccare su nessun risultato per timore che sparisse tutto e quindi scrisse sul bloc-notes un numero di telefono e chiamò.

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