Giulia

Giulia Rinaldi faceva la poliziotta.

Quel lavoro non era stata la sua prima scelta. Aveva studiato Biologia marina e aveva sempre sognato di andare a vivere e lavorare, se non in un atollo dei Caraibi, almeno in un’isola del Mediterraneo. Peccato, però, che, al momento della laurea, il possesso del suo titolo di studio non corrispondesse perfettamente alla possibilità di trovare un lavoro stabile. Era stato bandito presso un noto ente di ricerca un interessante master in Biologia marina, centrato proprio sullo studio della riproduzione della posidonia nel Mediterraneo, che era l’argomento della sua tesi specialistica, ma, chissà come e chissà perché, arrivò prima, sì, ma nella graduatoria degli esclusi. Tentò anche un dottorato, anche in quel caso ottimi risultati, ma sempre un gradino sotto alla posizione necessaria per andare avanti: sembrava proprio che tutte le porte fossero chiuse.

Le venne naturalmente spontaneo pensare che senza il giusto appoggio non sarebbe riuscita a entrare da nessuna parte, tuttavia Giulia non si abbatté, né si diede per vinta, arrendendosi all'idea che solo i raccomandati avrebbero potuto avere successo in Italia: sapeva benissimo come andava il mondo, ma sotto sotto era altrettanto conscia del fatto che, probabilmente (ma non ne era proprio certa), se avesse avuto la possibilità di approfittare anch'essa di una spintarella, forse lo avrebbe fatto. D’altra parte, si stava anche convincendo dell’idea che quelli che l’avevano superata nelle varie graduatorie avrebbero potuto benissimo essere più preparati di lei. Non aveva alcun elemento per considerarli solo dei raccomandati.

In quei giorni era stato bandito anche un concorso in polizia e Giulia vi partecipò. L’idea era quella di entrare nel reparto scientifico dove la laurea in Biologia avrebbe rappresentato una buona carta da giocare. Si iscrisse, tentò il tutto per tutto e, grazie soprattutto alla freschezza dei suoi studi, superò la prova teorica. Seguirono tutti gli accertamenti psico-fisici e quelli attitudinali in cui ottenne ottimi risultati. I sei mesi successivi al concorso la videro impegnata nella formazione specifica e nei seguenti sei lavorò come agente in prova.

Alla fine dell’iter completo divenne una poliziotta a tutti gli effetti.

Solo a quel punto scoprì che anche la Scientifica, così blasonata in TV e al cinema, rappresentava una sorta di torre d’avorio, quasi quanto il mondo della ricerca, e che per entrarci una laurea non sarebbe bastata se non accompagnata (anche qui, guarda un po’!) da una giusta spintarella. Per cui si dovette accontentare e il primo incarico fu presso l’ufficio passaporti: un impiego bruttino e ripetitivo, nulla di più lontano da un lavoro avvincente. Quindi, colse la prima occasione caratterizzata da un minimo di “vivacità” e vi si buttò a capofitto. Fu così che divenne un’agente operativa e cominciò a lavorare sulle volanti.